Epistole. Con aggiunte le epistole dei suoi corrispondenti
Il volume XI racchiude la raccolta critica del carteggio vichiano sotto il titolo Epistole con aggiunte le epistole dei suoi corrispondenti (1993), curato da Manuela Sanna. L’edizione presenta cento epistole, di e per Vico, variamente collazionate sugli esemplari principes conservati per lo più nel codice XIX 42 Fasc. III posseduto dalla Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli nella collezione delle cosiddette Carte Villarosa – carte in gran parte ereditate dal marchese Carlantonio Villarosa da Gennaro Vico –, e anche su esemplari presenti in numerose altre biblioteche napoletane, italiane e straniere; in assenza dei testimoni manoscritti, ci si è naturalmente dovuti attenere alle prime stampe. La raccolta opera una messa a punto della difficile situazione delle carte vichiane, dalle stampe ottocentesche del marchese di Villarosa o da quelle a Vico coeve, agli ultimi ritrovamenti del ‘900, nel continuo confronto filologico con il materiale manoscritto. Ritrovamenti di missive vichiane posteriori ai minuziosi lavori di Croce e Nicolini e che non compaiono nelle loro raccolte, né sono state mai inserite in un lavoro completo di edizione, sono solamente l’epistola ad Apostolo Zeno del 1710, conservata presso la Biblioteca Nazionale di Venezia e riportata alla luce nel 1979 da Vincenzo Placella nel volume Dalla “cortesia” alla “discoverta del vero Omero”, e la lettera ad Angelo Calogerà del 1728, ritrovata nella Biblioteca di Stato di S.Pietroburgo – dove si conserva il fondo Calogerà – e trascritta per la prima volta nel 1960 in Russia dalla Bernadskaja con qualche variante rispetto all’ autografo.
Inedito del tutto, invece, il ritrovamento della copia manoscritta, ma non autografa vichiana, della lettera che Vico scrisse a Giovan Mario Crescimbeni nel 1712, ritrovata presso la Biblioteca Governativa di Lucca e facente fede di autografo – che si può ora dichiarare senza dubbio inesistente dal momento che nel poscritto del suddetto esemplare il Vico stesso dichiara di non aver potuto scrivere di proprio pugno.
Un importante testimone aggiuntivo rispetto alla tradizione viene offerto per la lettera che Diego Vincenzo de Vidania scrisse a Vico nel 1709 e che trova posto alla fine del De uno conservato presso la Biblioteca della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli.
Sono state corrette, in quest’edizione, alcune fonti principali erroneamente tràdite in tutte le raccolte. Nella correzione di fonti rientra anche lo sforzo di far uso per quanto possibile, per quel che concerne le lettere date alla stampa da Vico all’interno dell’Autobiografia, dei testimoni autografi. Inoltre, le precedenti edizioni delle lettere di Vico non includevano le lettere da lui riportate nel contesto della sua autobiografia.
Il lavoro di riordino e di esatta collocazione di un materiale epistolare non ingente ma soggetto a collazioni talora varie e dispersive, viene espletato anche attraverso l’introduzione, in un’appendice a parte (appendice II), delle nove dedicatorie vichiane in forma epistolare, finora edite sempre in contesti vaghi e poco caratterizzati e pubblicate in sezioni separate anche laddove venivano considerate a pieno titolo di epistola alcune iscrizioni o dediche non in forma epistolare o venivano elencate insieme dedicatorie in forma epigrafica ed epistolare.
A completamento del lavoro di reperimento viene per la prima volta fornita in appendice (appendice I) la traduzione delle dedicatorie e delle epistole dal Vico scritte o lette in latino, francese, spagnolo; entrambe le sezioni sono corredate dell’apparato critico e dell’apparato di commentario.