Scena deserta. Un video sulla chiusura dei teatri
Pandemia 2020 / scena deserta.
Breve storia di un progetto nato e mutato
dall’emergenza sanitaria
Rosario Diana
Il video che qui si presenta è il risultato finale di un workshop realizzato in dad, fra il 15 luglio e il 15 ottobre 2020, e destinato al corso di laurea in Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. All’iniziativa ha partecipato un ristretto gruppo di studentesse (Vincenza Buonaguro, Livia de Francesco, Giada Esposito, Mariangela Scialò, Benedetta Tramontano), sapientemente guidato da Nera Prota (docente di Scenografia nell’Accademia napoletana) e dalla sua collaboratrice, Rebecca Carlizzi.
La vivacità intellettuale e artistica delle persone coinvolte mi ha consentito di tenere con una certa facilità non solo il corso preparatorio, in cui ho esposto e giustificato teoricamente il progetto del video così come lo avevo concepito all’inizio (e fra breve si comprenderà il motivo di questa precisazione), ma anche di orientare e sollecitare le scelte estetiche e performative funzionali alla realizzazione del prodotto finale, dedicato a tutti gli operatori del teatro e della musica, attualmente in sofferenza a causa delle limitazioni imposte dalle circostanze per contenere il contagio.
Durante il nostro percorso siamo stati progressivamente incalzati dall’emergenza sanitaria, che ci ha costretto a modificare in itinere i nostri piani. Infatti, nel programma originario – confortato dalle rassicurazioni di Nera Prota – prevedevo la costruzione del modellino in scala di un teatro vuoto, che avrebbe rappresentato il set per le riprese. Ma il peggiorare della situazione epidemica ci ha impedito di reperire uno spazio da adibire a teatro di posa e ha reso problematici gli incontri in presenza fra i soggetti che avrebbero dovuto realizzare le riprese. Dunque: la stessa pandemia, causa di quella chiusura dei teatri che si voleva evocare mobilitando le emozioni, faceva deragliare anche il nostro lavoro. Ma non ci siamo arresi. Nera Prota ed io abbiamo individuato in Benedetta Tramontano la persona adatta a elaborare – utilizzando il materiale iconografico raccolto dal gruppo di lavoro – il bozzetto di un teatro vuoto, che sarebbe diventato l’“oggetto” da “attraversare” con un occhio virtuale.
Immerso nell’ascolto e nella partitura di Intermezzo (un brano per chitarra classica e percussioni che Rosalba Quindici ha composto nel 2015 e che già nel maggio 2020, mentre preparavo il workshop, le avevo chiesto di concedermi in uso per farne una delle componenti strutturali del video) e nella contemplazione globale e analitica del disegno di Benedetta Tramontano, ho riscritto interamente la sceneggiatura, considerando (come è mia abitudine in questi casi) immagine e suono due distinte parti di un tutto e facendomi guidare dalle visioni e dalle tinte (realizzate da Benedetta Tramontano con l’acquerello e per stratificazione di colore: una tecnica appresa alla scuola di Nera Prota) in alcuni punti cupe e piranesiane, in altri vive e in altri ancora sognanti e vagamente allusive nonché dal tintinnio dei crotali, dai trilli leggeri e dalle sonorità a tratti aspre e lancinanti prodotte dall’archetto sulle corde di una chitarra che la partitura di Rosalba Quindici ha trasformato in una sorta di violoncello [1].
Nel progettare le inquadrature e la loro sincronizzazione con la musica, ho voluto anche mostrare della grande “macchina” temporaneamente abbandonata i sentieri misteriosi nelle quinte, ora non più calpestati da macchinisti o da attori e musicisti in attesa di entrare in scena, e richiamare nello spettatore la memoria tattile del legno di cui è fatta la balaustra dei palchi, a cui ci si appoggia mentre si assiste allo spettacolo, e della stoffa che riveste le poltrone.
Mutati gli assetti, il ruolo dell’elaborazione digitale (che in origine sarebbe stata preponderante nella sola fase di postproduzione) è diventato centrale e con esso anche quello di Ruggero Cerino, che – con competenza e versatilità straordinarie – ha eseguito a distanza e in dialogo costante con me (senza farmi mai mancare i suoi preziosi consigli tecnici, dei quali lo ringrazio) le prescrizioni della nuova sceneggiatura e (con pazienza infinita) le modifiche che quotidianamente gli chiedevo di apportare mentre di volta in volta visionavo il materiale in lavorazione.
Tutto questo per ricordare che un prodotto di tipo performativo è sempre il frutto di un agire collettivo in cui diverse competenze, sensibilità e specificità autoriali si intersecano e si combinano nella totalità organica del risultato finale.
[online 16/11/20]
[1] Il video della versione originale del brano (per chitarra classica sola), nell’interpretazione di Ruben Mattia Santorsa, è reperibile al seguente indirizzo You Tube: https://www.youtube.com/watch?v=ZOcMoXOJZn4
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