La congiura dei principi napoletani. 1701
L’edizione critica del De parthenopea coniuratione, composta dal Vico nell’anno 1701 ma non pubblicata in vita, è stata preceduta e preparata da due importanti lavori che Claudia Pandolfi ha dedicato all’analisi del materiale vichiano: le Note esegetiche alla “Principum Neapolitanorum Coniurationis Anni MDCCI Historia” di Giambattista Vico, comparse sul «Giornale Italiano di Filologia», V (1974), pp. 302-327 e il volume Per l’edizione critica della “Principum Neapolitanorum Coniurationis Anni MDCCI Historia ” di G. Vico, comparso a Napoli come n. XVIII degli “Studi Vichiani” nel 1988, che contiene un serrato confronto critico con le “canoniche” edizioni nicoliniane del 1953 e del 1980.
L’intervento di restauro e di reinterpretazione dei codici, fondato su criteri filologicamente e rigorosamente prefissati, si discosta dunque dai testi prodotti da Nicolini, memori della redazione diffusa nel 1837 dal Ferrari, che – unitamente alla traduzione di De Falco del 1971 – costituiscono la tradizione di circolazione dell’opera vichiana.
Il particolare pregio di tale edizione critica consiste nella motivata scelta di servirsi di entrambe le due differenti stesure vichiane, e non solo della seconda, come aveva fatto Nicolini. Per la prima stesura la segnalazione delle varianti è stata compilata su nove codici esistenti (tenendo conto anche del reperimento di un codice ignoto a Nicolini, venuto alla luce nel 1981 dopo l’inventario dei manoscritti della Biblioteca Teologica S. Tommaso di Napoli, a cura di F. Russo), per la seconda redazione la curatrice si è avvalsa dell’ unico codice con correzioni autografe conservato presso la Società napoletana di storia patria.
La collazione operata sui codici – che il Nicolini non effettuò – rivela infatti l’infondatezza dell’ipotesi che il codice conservato presso la Società di Storia Patria costituisca l’archetipo; così come pure viene smentito il rapporto di dipendenza diretta delle due copie possedute dalla Biblioteca Nazionale di Napoli e viene sovvertito tutto l’ordine di dipendenze dei codici proposto dal Nicolini, prospettando una genealogia dei codici del tutto inedita.
L’edizione della Pandolfi presenta, dunque, un testo che si potrebbe a ragione definire del tutto nuovo, costituito da entrambe le redazioni a fronte, delle quali la prima rende conto in apparato dei nove codici fortemente contaminati dalla circolazione delle numerose copie manoscritte o da copie che riportavano già le varianti tratte da altri esemplari; la seconda redazione, invece, –quella collazionata sul codice unico, il solo utilizzato da Nicolini – presenta e conserva molti tratti caratteristici, e cioè correzioni e aggiunte marginali e autografe del Vico, interventi di mani diverse, correzioni all’interno del testo. Su questa seconda stesura viene altresì approntato, alla fine del volume, il lavoro di traduzione.